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Corte d'Appello di Bologna > Lavoro del Familiare
Data: 15/11/2006
Giudice: Varriale
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 584/06
Parti: Eleonora A. / Upim S.r.l.
DIRITTO ALL’INDENNITA’ DI MATERNITA’ DI LAVORATRICE AGRICOLA – PRESUNZIONE DI GRATUITA’ DEL RAPPORTO DERIVANTE DA LEGAME FAMILIARE – ESCLUSIONE PER MANCANZA DI PROVA DI CONVIVENZA – SUSSISTENZA DI RAPPORTO DI LAV ORO SUBORDINATO.


La Corte d’Appello di Bologna ha riformato la sentenza del Tribunale di Forlì che aveva respinto la domanda di una iscritta negli elenchi dei lavoratori agricoli, diretta ad ottenere l’indennità di maternità, negata in sede amministrativa dall’INPS che aveva escluso la natura subordinata dell’attività prestata dalla lavoratrice presso l’azienda agricola del suocero, in ragione della coabitazione tra le parti del rapporto. In particolare l’Istituto era giunto alle proprie conclusioni avendo accertato, mediante funzionari del proprio servizio ispettivo, che la lavoratrice, insieme con il marito ed i propri figli, era inserita nella certificazione anagrafica inerente lo stato di famiglia del suocero. La Corte motiva la sua decisione ritenendo che nel caso di specie si trattava non di convivenza, rilevante per individuare il legame familiare che fa presumere la gratuità delle prestazioni lavorative, bensì di mera coabitazione, mancando la prova dei requisiti essenziali della prima, quali la solidarietà affettiva e la mutua assistenza. Si legge infatti nella parte motiva della sentenza: “la coabitazione può essere un elemento della convivenza, ma non è biunivocamente correlata a quest’ultima, nel senso che non sempre la coabitazione è indice di convivenza, quale condivisione di abitudini di vita in un rapporto di mutua assistenza e comunanza di costumi, caratterizzante da vincoli di solidarietà. In particolare, per l’attività agricola, tale convivenza – e non la sola coabitazione – fa presumere una compartecipazione nel godimento dei prodotti del fondo: una comunanza di vita, fondata sui vincoli d solidarietà familiare, con una comune organizzazione del modo di vivere quotidiano e la disponibilità reciproca alla collaborazione”. Pertanto la Corte, ritenendo provato il rapporto di lavoro subordinato fra l’appellante ed il suocero, condanna l’appellato INPS alla corresponsione dell’indennità di maternità richiesta.